Inigo Campioni

Inigo Campioni (1878-1944) Di anni 65, ammiraglio di squadra. Nato a Viareggio (Lucca) il 14 novembre 1878, iniziò la carriera militare nel 1893 come allievo dell’Accademia Navale. Nominato guardiamarina nel 1898, nel 1905 fu promosso a tenente di vascello. Tra il 1911 e 1912 combatté nella guerra italo-turca e successivamente nel primo conflitto mondiale sulle corazzate "Conte di Cavour" e "Andrea Doria". Promosso capitano di corvetta nel 1916, si distinse in uno scontro navale nel settembre 1917 in Alto Adriatico che gli valse la Medaglia di bronzo e la Croce di guerra. Negli anni seguenti fece una brillante carriera ottenendo nel 1934 la promozione ad ammiraglio di divisione, nel 1936 ad ammiraglio di squadra, nel 1938 l’incarico di sottocapo di stato maggiore della Marina, nel 1939 la carica di senatore del Regno. Dopo l’entrata in guerra dell’Italia, partecipò agli scontri di Punta Stilo, il 9 luglio 1940, e di Capo Teulada, il 27 novembre 1940, al comando della squadra navale. Nel novembre del 1941, collocato in ausiliaria per raggiunti limiti di età, fu nominato governatore delle Isole dell’Egeo e comandante di tutte le forze armate operanti in quel settore. Dopo l’8 settembre 1943 guidò, in tale veste, la resistenza ai tedeschi fino alla resa dell’Isola di Rodi l’11 settembre. Catturato, fu deportato dapprima in Germania e in seguito consegnato dai tedeschi ai fascisti di Salò insieme all’ammiraglio Luigi Mascherpa. Campioni e Mascherpa furono processati e condannati a morte dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato, convocato a Parma il 22 maggio 1944 e presieduto dal generale Griffini. La sera stessa, le sorelle di Campioni e Toffanin, avvocato di Mascherpa, si rivolsero a Mussolini, presso il Lago di Garda, per presentare la domanda di grazia. La domanda non fu accolta e la sentenza fu eseguita alle ore 5,15 del 24 maggio. Le sorelle di Campioni non poterono essere presenti perché ancora in viaggio. I due condannati chiesero di restare in piedi e di non essere bendati. Conservarono un contegno calmo e dignitoso. Davanti al plotone d’esecuzione Campioni dichiarò: «Auguriamoci che questa nostra Italia ritorni unita e bella come prima. Viva l’Italia!". Il 9 novembre 1947 gli fu assegnata la Medaglia d’oro al valor militare alla memoria con la seguente motivazione: «Governatore e comandante delle Forze Armate delle isole italiane dell’Egeo si trovava, nel cruciale periodo dell’armistizio, a capo di uno degli scacchieri più difficili, lontani e vulnerabili. Caduto in mano al nemico in seguito ad occupazione della sede del suo comando, rifiutava reiteratamente di collaborare con esso o comunque di aderire ad un Governo illegale. Processato e condannato da un tribunale straordinario per avere eseguito gli ordini ricevuti dalle Autorità legittime e per avere tenuto fede al suo giuramento di soldato, manteneva contegno fiero e fermo, rifiutando di firmare la domanda di grazia e di dare adesione anche formale alla repubblica sociale italiana, fino al supremo sacrificio della vita. Cadeva comandando lui stesso il plotone di esecuzione, dopo avere dichiarato che « bisogna saper offrire in qualunque momento la vita al proprio Paese, perché nulla vi è di più alto e più sacro della Patria ». — Egeo -Italia settentrionale, 1941 – 1944».

Fonte: in Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza italiana http://www.ultimelettere.it/?page_id=35&ricerca=105

lettera inviata a gustavo ghidini


lettera inviata alla madre


lettera inviata alle sorelle