La morte di Ave Melioli “Tita” tratto dalla testimonianza di Anna Ronzoni in Massimiliano Villa, Mario Rinaldi, “Dal Ventasso al Fuso”:
“Il giorno 20 ero a Isola in casa di Martino Ponticelli. Con me c'era la Tita che era la fidanzata di William. La Tita era in avanzato stato di gravidanza. Verso le 15, inaspettatamente, arrivò Ivan che ci invitò a seguirlo. Diceva che i tedeschi stavano per arrivare in paese. Sulla macchina c'erano Celso, Raffaello e Franci. La Tita prese posto davanti fra Celso e Ivan, mentre io mi sistemai di dietro tra Raffaello e Franci. Pochi minuti dopo la partenza pregai di i compagni di fermare la macchina perché volevo scendere. Ero piena di paura. I compagni mi rassicuravano. Così s'andò avanti. […] Poi c'era la curva che immette al Ponte di Lugagnano. Dietro quella curva ci attendeva l'agguato. I tedeschi ce li trovammo di fronte con due fucili mitragliatori piazzati ai lati della strada. Ogni reazione era impossibile. Eravamo tutti in una bara. Ivan ebbe appena il tempo di portarsi le mani nei capelli e dire disperatamente: 'Annetta avevi ragione'. Mentre Celso bloccava la macchina, i tedeschi aprirono il fuoco. I vetri si frantumarono in migliaia di pezzi. Le raffiche colpirono contemporaneamente tutti i compagni che si riversarono fulminati uno sopra l'altro. Solo io ero incolume. Istintivamente mi rannicchiai sotto i sedili. I corpi di Celso, di Ivan, della Tita mi facevano da scudo. Muovendomi per abbassarmi mossi i corpi di Raffaello e Franci che mi caddero addosso. Restai ferma forse un paio di minuti. Sentivo colarmi addosso il sangue caldo dei miei sventurati compagni. Solo Dio sa quel che provavo. Trascorsi due minuti, s'avvicinò un graduato tedesco. Era alto e biondo. Diede un'occhiata dentro, aprì le due portiere di sinistra e con la pistola sparò un colpo alla nuca ad ognuno dei cinque compagni.
Quando toccava a me il tedesco si accorse che ero viva. Abbassò l'arma, voltò le spalle e girò dall'altra parte della macchina. Aprì le portiere di destra. Rimosse il corpo di Franci e mi ordinò di uscire. Così fui fatta prigioniera. Intanto arrivarono altri due soldati. Uno di loro estrasse i corpi dei cinque compagni e li allineò sul ciglio della strada. L'altro che l'aiutava, quando vide agitarsi il grembo della Tita, ebbe una reazione d'orrore. 'Mamma mia, questo non buono', disse più volte. Poi, con gli occhi umidi, posò una mano sul ventre della Tita. La ritrasse solo quando sentì che il bambino non si muoveva più. Io ero stravolta”.